giovedì 25 maggio 2017

La sottoscrizione dei contratti di investimento

La firma dell’investitore soddisferebbe da sola il requisito di forma. La sottoscrizione della banca sarebbe, invece, un inutile formalismo

Recentemente è stata rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione[1], la questione se, a norma del D.Lgs. 58/98, art. 23, il requisito della forma scritta del contratto d’investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione dell’intermediario, ai fini della validità del negozio. La soluzione si rivela di particolare importanza poiché, secondo la prassi bancaria, la conclusione del contratto quadro d’investimento si ha con la sottoscrizione di un originale da parte del cliente, che resta in possesso della banca, seguita dalla consegna all’investitore di un altro documento identico, normalmente firmato dall’istituto di credito. Lo scambio documentale comporta la disponibilità in capo a entrambe dell’atto sottoscritto dall’altra. Secondo un filone giurisprudenziale, la prassi non soddisfa i requisiti di forma dell’art. 23 TUF.

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