Sfatiamo subito il mito secondo il quale “dallo psicologo va chi è malato o chi ha qualcosa che non va”. Si tratta di una credenza erronea e fortunatamente sulla via del tramonto.
Un’alternativa possibile, più felice e fondata, potrebbe essere questa: viene consultato uno psicologo quando una persona vive una condizione problematica, disfunzionale o conflittuale, con se stessa, con gli altri o con il mondo.
Il disagio personale può avere diverse origini, come ad esempio i differenti vissuti legati all’ansia, a stati dell’umore depressivi oppure a comportamenti fobici/evitanti. Ma è anche possibile che la sofferenza, invece che “sintomatica”, possa avere contorni più sfumati e indefiniti: è il caso di quelle particolari crisi identitarie che delle volte possono essere fortemente invalidanti anche nella vita di tutti i giorni. Disagi esistenziali che producono esperienze di smarrimento a partire dalla realtà quotidiana, spesso segnate da una frattura fra un “prima” e un “dopo” che rende precarie e incerte anche le scelte delle consuetudini giornaliere.
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