Come è ben noto il dolore è un sintomo, un campanello di allarme che mette in guardia il nostro organismo rispetto a un pericolo imminente. Se poggiamo inavvertitamente la mano su una superficie calda, il senso acuto di bruciore innesca un riflesso di allontanamento e previene così che si verifichi un danno. Proprio perché sintomo importante, per secoli la scienza medica non si è dedicata alla sua cura, anzi l’atteggiamento predominante è sempre stato quello opposto. Ai giovani medici veniva insegnato di non eccedere con i farmaci antidolorifici, perché camuffare il dolore poteva compromettere sia la diagnosi che il trattamento. Se al paziente fa male la pancia il medico capisce che c’è un problema sulla pancia e se il dolore nel tempo diminuisce, vuol dire che le cure praticate sono state valide. Quest’atteggiamento è stato trasmesso ai pazienti stessi, i quali assumono quotidianamente ogni tipo di farmaco (farmaci per la pressione, per proteggere lo stomaco, per abbassare il colesterolo, etc.), ma sono molto diffidenti quando devono assumere un analgesico. La frase più frequente è: “finché riesco a sopportare il dolore, preferisco non assumere farmaci”.
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