Con la recente sentenza n. 1822 del 16/01/2018 la Suprema Corte ha stabilito che le conversazioni scambiate su "whatsapp" non possono ritenersi flussi di comunicazioni suscettibili di essere intercettate, bensì semplici documenti informatici soggetti a sequestro probatorio.
Ciò poiché all'atto del sequestro le conversazioni non sarebbero più in corso e ci si limiterebbe ad acquisire ex post un dato, conservato nella memoria del nostro cellulare. Nè tantomeno tali messaggi potrebbero rientrare nella nozione di corrispondenza, a cui è dedicato l'art. 254 c.p.p.
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